Care lettrici e cari lettori, siete pronte e pronti per una nuova avventura fantascientifica? Questa volta il nostro viaggio ci porterà ad indagare il rapporto tra la fantascienza e le due discipline da cui essa trae maggiore ispirazione: la robotica e l'informatica.

Cosa avrà pensato il primo essere umano quando ha visto per la prima volta la sua immagine riflessa? Secondo voi, dopo un primo plausibile stupore, al cospetto di quell'essere che gli somigliava, si sarà chiesto: “come catturarlo?” oppure “come farlo diventare mio amico?”

È da questa risposta che si separano due differenti destini del genere umano. Nella storia dell'uomo è sempre stato presente il desiderio di un sostituto meccanico: un sosia, un doppio, qualcuno che ci faccia compagnia quando siamo soli o da sottomettere come uno schiavo o una schiava. Come sempre mescolata al desiderio affiora la paura: il rapporto con il nostro doppio si fa presto ambivalente e conflittuale.

La fantascienza ci dice che quasi sempre il desiderio vince sulla paura: numerose opere ci propongono infinite varianti di uomini fatti con il metallo, che calcolano, pensano, raccontano ed urlano. E nella nostra realtà contemporanea?

“Alexa accendi la luce!”; “Alexa avvia la lavatrice!”; “Alexa metti una canzone!”

Il filosofo Cartesio nel 1600 ha posto una domanda chiave: qual è il confine tra vivente e meccanico? Esplorando gli inusitati sentieri della fantascienza proveremo a dare una risposta a questa domanda. In una intervista del 1974 Philip K. Dick sosteneva che “i computer stanno diventando sempre più creature sensibili e raziocinanti, mentre, nello stesso tempo, gli esseri umani si stanno disumanizzando”

...Ma tutto questo “Alexa” non lo sa!